Nacque dal goriziano Francesco Ignazio Scodnik e dall'ungherese Maria Miller. Suo padre era un patriota che aveva liberato la città di Cremona durante i moti del '48 e aveva costituito a Milano il primo nucleo della Legione Lombardia. Si trasferì con la sua famiglia a Torino, dove insieme a sua sorella Irene frequentò l'Istituto d'Orsi.
Negli anni '90 dell'Ottocento si unì ai movimenti femministi e pacifisti, tuttavia in seguito prese le distanze dalle attività della Società pro pace ed arbitrato internazionale, abbracciando le posizioni interventiste.
Nel 1890 prese parte al IV Congresso drammatico nazionale di Roma, e nel 1899 fu una delle fondatrici dell'Unione femminile nazionale e fu co-direttrice del settimanale L'Italia femminile.
Nel 1908 prese parte al primo Congresso nazionale delle donne italiane e lavorò per la rivista Vita femminile. Nello stesso anno inoltre partecipò al terzo Congresso nazionale per la pace a Perugia.
Fu autrice di alcune commedie incentrate sulla donna dell'epoca. Durante la prima guerra mondiale, insieme a sua sorella prese parte a numerose attività di sostegno alle famiglie dei combattenti, di soccorso dei feriti e di scambio epistolare con i soldati al fronte.
Matilde Ferrari was the second Ferdinando and Maria Ballet’s ten children. She was born in Parenza, a town near Mantova, now part of Borgo Virgillio in Lombardy. She was Ippolito Nievo’s first love and the inspiration for her poetry and, immediately after the break-up, a satyr novel and and ironic poem.
The ten Ferrari children were: Luigi, Matilde, Orsola, Elena, Arturo, Alessandro, Emilio, Arturo II, Daria (nicknamed Pupé), Lavinia (nicknamed Mimi).
Luigi was exiled from Mantova after 1848 and moved to Paris and later Mexico where he was killed in 1871; Orsola (1831-1915) nicknamed “Lina”, was a painter. In 1956, she married Luigi Poma, brother of Carlo Pomo, one of the martyrs of Belfiore. Allesandro and Emilio were part of the Garibaldi Battalion in 1860. Two children died in infancy.
Translated from Italian by Megan Carroll
Lecturer in Russian literature at the University of Bologna and she was also a translator of Polish literature into Italian. She died in Bologna on December 16, 1915.
Adele Butti nacque nel 1848 a Trieste, in una famiglia di commercianti, primogenita di tre sorelle che uscirono dall’anonimato della vita domestica dedicandosi alle arti e alla cultura: se per Adele fu determinante l’amore per la poesia e la scrittura, per Argelia fu invece la pittura a consentirle di esprimersi e per Sofia la musica.
Il contesto familiare aperto e dichiaratamente patriottico ne favorì la formazione e le consentì di conoscere personalmente importanti esponenti del mondo dello spettacolo, della cultura e della politica italiana, avvicinandosi alle dottrine mazziniane. Queste divennero per buona parte della sua vita un punto di riferimento incrollabile, in cui trovava una sintesi della sua ricerca personale: lo spiritualismo di fondo, il patriottismo e soprattutto la causa dell’emancipazione femminile.
All’età di ventidue anni, nell’aprile del 1870, fu la prima donna a tenere una conferenza alla Società della Minerva di Trieste, mentre fino a quel momento gli elaborati femminili erano stati soltanto oggetto di lettura da parte dei soci dell’ateneo; tema della lezione fu “L’influenza della buona letteratura sul cuore della donna”. L’anno successivo, nuovamente invitata alla cattedra della Minerva, vi recitò il carme L’Italia che conteneva anche un appello finale a Garibaldi, corso in aiuto della “sorella francese” nella guerra franco-prussiana.
Nel 1872 intervenne ancora per leggere una poesia in onore di Adelaide Cairoli, che confluì poi nel famoso Albo Cairoli, seguita poco dopo da un’altra importante esponente del primo femminismo, Malvina Frank, che intrattenne il pubblico con una lezione sul diritto di famiglia del tempo. Nota ed apprezzata anche per le sue posizioni filo-italiane, nel 1874 partecipò alle celebrazioni per il centenario del fondatore del gabinetto triestino, Domenico Rossetti, ma la sua lirica fu sequestrata preventivamente dalla polizia austriaca perché ritenuta apertamente politica. La famiglia Butti era notoriamente amica di Guglielmo Oberdan e negli anni anche le figlie parteciparono alle iniziative irredentistiche in area giuliana.
Adele aveva nel frattempo avviato la collaborazione con il periodico «La Donna», che era il principale giornale dell’emancipazionismo italiano, diretto dalla mazziniana Gualberta Beccari; ma scriveva anche per altre testate, come il celebre antiaustriaco «La Favilla», l’anticlericale «Il progresso» e ancora l’organo della società operaia triestina, «L’operajo»; con la sezione femminile di tale “fratellanza operaja” collaborò anzi in più occasioni. Nel 1877 Adele volle entrare in contatto personale con Giorgina Craufurd Saffi, che in quel momento rappresentava la principale figura del mazzinianesimo femminile, e le fece dono di un suo lungo componimento poetico dal significativo titolo de Diritto e dovere.
Negli anni Ottanta la scrittrice tenne alcune conferenze anche alla prestigiosa cattedra dell’Ateneo Veneto di Venezia: nel 1881 una lezione sull’emancipazione della donna e la famiglia, anticipata qualche mese prima a Trieste (pubblicata poi dall’amica Beccari nel suo giornale), in cui dimostrava non solo che l’autonomia femminile non avrebbe comportato la crisi delle relazioni famigliari, ma che anzi l’emancipazione delle donne ne avrebbe prodotto un rafforzamento. Altri suoi interventi si ebbero sulla Lelia di George Sand, sull’Emilio di Rousseau, su San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena: coi suoi scritti su soggetti religiosi la Butti anticipò la ripresa degli studi sul francescanesimo che saranno poi al centro dell’attività del pastore Paul Sabatier (con cui la Butti ebbe più tardi un ricco scambio epistolare). A cavallo tra i due secoli, infatti, il suo antipositivismo e l’eclettismo spiritualista la stavano spingendo progressivamente su posizioni vicine al modernismo, come mostra la sua collaborazione con la rivista dell’Unione morale di Milano «In cammino».
Younger sister of Italian writer, Carlotta Ferrari. At thirteen she gained the
In 1870 she married the historian G. Siotto-Pintor. She gained the title of Maestra elementare and later obtained in Milan that of maestra d'istituto normale superiore.
Under the guide of her sister, she became an accomplished singer and pianist. She was also the author of a number of short stories and novelle.
La baronessa Olimpia Savio di Bernsteil fu, fino allo spostamento della capitale a Firenze, una delle signore più note di Torino.
Il padre, Giovanni Battista Rossi, fu direttore del Collegio Reale delle province di Torino, e morì il 22 febbraio 1860; la madre fu Joséphine Ferrero di Biella.
Fino a sedici anni, la sua educazione fu, come quella delle sue coetanee nobili, improntata allo studio dei classici francesi, dalla storia sacra e dalla storia di Francia, non delle lettere italiane.
Poetessa e scrittrice, curava uno dei salotti più noti e frequentati di Torino. Quel mondo è stato descritto dalla Rossi in un diario che permette di conoscere da vicino le ansie, le gioie e le aspirazioni che accompagnarono la sua generazione dalla provinciale Torino d'inizio secolo alla Torino capitale d'Italia. Oltre al diario ha lasciato un carteggio in cui dialoga con molti personaggi italiani di rilievo.
Nel 1909 il discendente di casa Savio, il barone Federico Savio, dava incarico a Raffaello Ricci di ricavare un libro dalla ingente mole degli scritti da lei lasciati: il risultato furono le Memorie della baronessa Olimpia Savio, in due volumi, edito a Milano dai Fratelli Treves nel 1911.
Nacque a Rovigo nel 1854 o ’55 da Castiglioni Giuseppe da Siena e Cavalieri Vittoria, in una famiglia ebrea benestante da potersi permettere due tate e che risiedeva in via Grande S. Bortolo (oggi via Miani), dove il padre gestiva un negozio. La coeva scrittrice Adalgisa Calzavarini così la descrive: “La poetessa era piccolina, vestiva sempre di nero e indossava lunghe sottane a campana e giacchettine a vita con baschina. Ricordo che aveva mani e piedi piccolissimi, sempre racchiusi, questi ultimi, in alti stivaletti abbottonati al fianco. Aveva un ricciolo nero sulla fronte a guisa di punto interrogativo capovolto. Era una gran signora, sia di aspetto che di modi, spesso parlava a base di massime e proverbi”.
Sembra l’esatta descrizione delle figure femminili che popolano i quattro volumi delle sue narrazioni, tutte riconducibili ad un topos letterario molto diffuso nell’800, quello della femminilità negletta, dimessa, non amata. Eppure la Castiglioni seppe essere una presenza vitale nel mondo rodigino a partire dal forte coinvolgimento patriottico e dalle iniziative benefiche, non senza trascurare un’attenzione umanitaria agli aspetti della vita civile, al decoro, ad un mondo sofferente e subalterno, al senso di responsabilità (concetti molto vicini alla cultura ebraica).
Sul piano patriottico, ardente ed appassionata, si rivolgeva alla gioventù polesana perché amasse la patria e sostenesse le lotte carbonare; fondamentale, anche come documentazione storica locale, resta l’opera I Carbonari del Polesine e l’insidia di una festa, ispirata ai tragici fatti del San Martino frattense.
Nell’ambito del sociale, da ricordare due fortunate raccolte di fondi con la pubblicazione di Patria a favore del Comitato di Assistenza Civile di Rovigo e di Carbonari, a sostegno del Comitato ”Pro Mutilati” ed infine il suo cospicuo lascito testamentario di 20 mila lire (1 agosto 1933) a favore dell’Accademia dei Concordi.
Ma il suo impegno si realizzò soprattutto attraverso la scrittura: dalla narrativa alla poesia (alla quale si accostò a 40 anni), al giornalismo e la collaborazione col neonato (1890) Corriere del Polesine, sul quale pubblicò anche un romanzo a puntate: Il fantasma della Rotonda, con lo pseudonimo Vita Lis. Tante le tematiche trattate, oltre a quelle già citate: la migrazione, la sofferenza umana, l’attenzione per l’adolescente ed un grande sostegno al movimento femminile.
La ricordano una lapide in Accademia dei Concordi come “canto accorato”, una al cimitero ebraico di Rovigo, “poetessa e scrittrice”, ed una via, che il comune cittadino le intitolò il 15 marzo 1954 con la motivazione “Rodigina benefattrice”.
Noblewoman, poet, painter and early feminist activist born in Rome.
She married Innocenzo Golfarelli, professor of mechanical physics and director of Officine Galileo. They had two daughters, Clelia and Matilde.
She regularly corresponded with Albana Mignaty and Angelo De Gubernatis.
Atenaide nel 1870 fu promotrice della Società Mondiale per la Pace con lo scopo di incoraggiare tutte le Nazioni a creare un Consiglio che stabilisse regole e leggi per evitare le atrocità della Guerra.
Fu patriota e membro onorario di più di 50 Accademie Nazionali ed internazionali, di circoli letterari ed artistici. Scrisse versi su Melfi anche se non visitò mai questa Città che amava. Sepolta a Melfi per sua volontà.
Felicita Pozzoli nacque a Milano l'11 dicembre 1838. Dopo aver portato a termine gli studi per diventare insegnante si dedicò soprattutto al giornalismo e alla scrittura di testi per l'infanzia e la gioventù. Esordì pubblicando su «Il Tesoro delle famiglie», alcuni dialoghetti per bambini e collaborando con articoli, poesie e brevi racconti a varie altre testate. Nei primi anni '70 diresse, per breve tempo, il «Giornale delle fanciulle», importante periodico che annoverò tra le collaboratrici scrittrici affermate come Caterina Percoto e Felicita Morandi e, a partire dal 1878 «L'Infanzia», pubblicato dall'editore milanese Giacomo Agnelli. [...]
Nel 1886 si dedicò a una nuova iniziativa editoriale, dirigendo «L'Amico della prima età», un quindicinale illustrato anch'esso di carattere educativo.
La P. affiancò l'attività docente (presso la scuola normale femminile di Milano) e giornalistica con la scrittura di numerosi volumetti divulgativi a carattere biografico (Maria Gaetana Agnesi, 1893) e storico, destinati esplicitamente ai fanciulli nonché alla stesura di numerosi medaglioni ispirati agli eroi nazionali.
La scrittrice condivise le istanze innovatrici presenti nella Milano post unitaria e si fece portavoce delle proposte di riforma riguardanti l'educazione femminile, pur nell'alveo di un moderatismo che la mantenne sempre lontana dalle posizioni più risolute di Anna Maria Mozzoni e di Anna Kuliscioff. La P. affrontò i temi dell'emancipazionismo sia attraverso la sua militanza pubblicistica sia mediante una serie di conferenze tenutesi presso la Lega milanese di pubblico insegnamento (Considerazioni sullo stato attuale della donna, 1884).
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La P. si spense a Milano il 26 gennaio 1916.